L’introspezione, l’analisi relazionale, la ricerca delle motivazioni dei comportamenti hanno sempre suscitato in me particolare interesse. La lettura de: “La morte della famiglia” di David Cooper, “La politica dell’esperienza” di R.D. Laing, don Milani, Paulo Freire, Ivan Illich, e altri hanno segnato i miei vent’anni. Adolescente, partecipo attivamente a un gruppo giovanile. Sotto la guida di un frate faccio attività sociali nella periferia di Viareggio.
Ci incontriamo per riflettere e confrontarci sulle tematiche giovanili, a partire dall’esperienza personale. È stata la mia prima scuola di ascolto dove ho imparato a vincere la timidezza e a parlare in pubblico. Da allora, coltivo la curiosità di sapere e di come noi umani funzioniamo socialmente. Il mio è sempre stato un pensiero plurale.
Faccio ancora fatica a ragionare e scegliere partendo soltanto dai miei bisogni.
L’handicap mi ha indotto a porre una speciale attenzione su me; a riflettere seriamente sui miei limiti. Nella maturità , con il “Messaggio a un’aquila che si credeva un pollo”, Antony De Mello mi ha accompagnato verso una seria ricerca del mio personale cambiamento. L’imperativo etico sul quale fondò la sua vita il parroco di Barbiana: Dare la parola agli ultimi, echeggia nella mia mente. Come rappresentante delle famiglie degli ospiti del Centro Diurno frequentato da Niccolò, ho maturato la convinzione della necessità di promuovere l’organizzazione di percorsi formativi per genitori. Dall’incontro con una pedagogista nasce a Viareggio la scuola di formazione per consulenti familiari.
Ho imparato così a nominare sensazioni, emozioni e sentimenti, a riscrivere la mia storia. L’Analisi Transazionale risponde alle domande che sempre hanno occupato la mia mente: perché, a volte, percepiamo che i nostri gesti, i nostri pensieri, i nostri atteggiamenti sono estranei al nostro intimo sentire? Perché spesso ci sembra di “essere costretti” a comportamenti che richiamano quelli dei nostri genitori? Come si realizza l’interiorizzazione delle figure genitoriali?
È possibile superare il dominio che l’interiorizzazione delle figure genitoriali e l’ambiente culturale esercitano su di noi?
È possibile il cambiamento del nostro modo di pensare, di sentire e di agire?
È possibile “manifestare” ciò che sentiamo intimamente di essere?
Avevo da tempo osservato che con il trascorrere degli anni ci si comporta secondo modalità che sostanzialmente riproducono gli atteggiamenti dell’infanzia e dell’adolescenza. Come se quelle tappe costituissero il confine evolutivo oltre il quale la maturazione individuale si limita a superficiali aggiustamenti dell’originaria matrice.
Spesso capita di percepire distintamente che un determinato gesto o modo di fare altro non sono che la riproduzione fedele di quelli del padre e della madre.
A volte ho la sensazione di “essere mio padre” o un’altra delle autorevoli figure del mio universo relazionale infantile. Ho rielaborato la mia esperienza, compreso gli stati depressivi. Mi sono allontanato dalla grandiosità.
“Voi pensate che i vostri figli prendano i modelli di comportamento in famiglia! In realtà essi strutturano il proprio modo di essere su archetipi esterni mutuati dall’ambiente culturale circostante”: la riformulazione del Maestro1, che in silenzio aveva ascoltato la condivisione dei vissuti dei componenti il gruppo a cui partecipavo, durante un seminario, mi ha liberato dal latente senso di colpa che fino ad allora mi tormentava.
Guarire significa conoscere se stessi, maturare un atteggiamento interiore di non opposizione alla realtà, imparare a collaborare incondizionatamente con l’inevitabile.
Oltre l’affaticamento cronico che mi affligge da anni, la vitalità che ogni giorno sento rinnovarsi in me nutre la speranza che avrò la forza e il coraggio di non voltarmi indietro.
L’analisi transazionale
Il cittadino-utente è un Bambino adattato e una Vittima. Scotomizzato (1) dalla “pedagogia nera” (2), non viene a capo del suo disagio. Non ha familiarità con le proprie sensazioni, emozioni, con i propri sentimenti. Ignora i suoi bisogni. Non ha consapevolezza dei propri diritti. Non considera che il “benefattore” possa perseguire il proprio tornaconto strumentalizzando il suo disagio. Non sospetta che il punto di vista dei Garanti non coincida con la risposta ai suoi reali bisogni. Non si stima.
Si vergogna della propria condizione esistenziale. Ignorando la tirannia della nostra democrazia, è incapace di valutare i termini del contendere e individuare la controparte. Teme la ritorsione. Sperimenta la sua fragilità. Si sente inadeguato. Ondeggia fra il borbottio, limite patologico della collera, e il tumulto, estremo confine della Tristezza. Prigioniero della posizione depressiva, non conosce la Gioia.
Si affida volentieri alle istituzioni, vissute come figura Genitoriale Normativa. È acquiescente e facilmente manipolabile cede spontaneamente alla seduzione del Persecutore [l’Ente pubblico o privato]. Chiede ordine e protezione. Non si vuole assumere le sue responsabilità.
Ha talmente metabolizzato queste pulsioni, da considerare bisogno primario, diritto acquisito la dipendenza dal feudatario di turno. Rivendica la sudditanza come condizione necessaria per essere liberi dal “dovere di scegliere” (3).
Osanna e premia, nel segreto dell’urna, chi gliela garantisce. Per contro, il cittadino-utente-Bambino adattato-Vittima spinge il cittadino-utente-Bambino ribelle-Salvatore [il suo alter ego, l’altro se stesso] alla tenzone.
A quest’ultimo delega la difesa dei torti che comunque sa di subire per mano del Signore del luogo. Se il Cavaliere (cittadino-utente ribelle-Salvatore) si dimostra pavido o indietreggia lo sanziona pesantemente, lo redarguisce, lo isola. La preoccupazione di perdere i benefici acquisiti (l’amore del genitore) consiglia la Vittima (Bambino Adattato cittadino/utente) di evitare comunque il coinvolgimento personale, limitandosi tutt’al più al blando fermento e allo sghignazzo. Subisce, per riflesso, l’ambivalenza di chi “Vittima al pari suo” si propone come audace Cavaliere, mostrando di temere il Persecutore.
L’aggressività copre la timidezza. La rabbia svela la presunzione, la superiorità, dichiara il disprezzo per la fragilità. Il debole condivide le ragioni del Salvatore ma è disorientato dall’ostico linguaggio e dalla violenza verbale col quale vengono gridate.
La Vittima [cittadino utente (Bambino adattato)] viene così agevolmente manipolata dal Persecutore (il pubblico ufficiale o l’esperto privato). Con cinica suadente calma il Sovrano, o il principe servente, riversa sulla Vittima-Salvatore la responsabilità del disordine e della confusione che questo denuncia. So di avere ragione e mi ritrovo “donchisciotte” bastonato dal pastore e morso dai cani a guardia del gregge che credevo falange.
Il muro di gomma della sanità locale deprime la fiducia, mette a dura prova la stima di sé, fiacca la speranza. Il senso di impotenza accresce la rabbia. La rabbia sfocia nell’esasperazione. L’esasperazione precipita nella coazione a ripetere. Sono costretto a replicare il mio copione. Il corto circuito fra conoscenza, ragione, insicurezza produce in me la tracimazione verbale.
Non so stare nel conflitto in modo misurato ed efficace: parlo tanto e ascolto poco. Il dirigente pubblico è figura genitoriale primaria (“Genitore Normativo”). Contrastare la sua affettuosa arroganza, significa rischiare la perdita del suo riconoscimento (“del suo amore”). Il timore reverenziale del Bambino adattato contrasta l’audacia del Bambino libero. Le spinte del mio copione “cerca di piacere”, “sii perfetto”, “sii forte”, “sbrigati” impongono il sacrificio del mio Vero Sé. Il Bambino ribelle e il Bambino adattato contendono la scena al mio Bambino libero.
Ancora non ho realizzato il machiavellismo della Politica e l’opportunismo della Sanità. Ai miei occhi, il compromesso equivale ancora alla resa incondizionata; a dispetto della Pace, la Giustizia o è assoluta o non è tale. La competenza, la preparazione, la conoscenza delle regole, l’analisi della realtà e l’esibizione di una buona dialettica non garantiscono il prevalere sull’iniquità, quando si è personalmente coinvolti.
Puntualmente, dai recessi dell’esperienza affiorano antichi vissuti a riaprire ferite dimenticate. Una particolare postura, la mimica, una parola, un gesto, un odore, un colore, uno speciale tono di voce, una sensazione, un tocco lieve, una fantasia, al di là della ragione, improvvisamente, come un potente elastico, mi riportano all’attimo in cui furono prodotte. Rivivo remote emozioni represse o negate. Emergono lutti non metabolizzati.
La vita si snoda nel rosario di fugaci relazioni con chi è obbligato dalle circostanze a intersecare la mia strada. Difficile uscire dal labirinto delle opinioni, dei pregiudizi, dei miti e delle credenze familiari, delle convinzioni scaturite da faticosi studi, dalle certezze conquistate col “grosso lavoro fatto su di me”, quando l’azione avviene sullo stesso palcoscenico, con lo stesso canovaccio e la tua parte rimane circoscritta alla stessa scena, con il medesimo sfondo.
Senza il conforto di una guida esperta dell’intreccio degli incommensurabili sentieri dell’esistere, rischio percorsi circolari e non mi allontano dal mio pavido egocentrismo. Come non è possibile bagnarsi due volte nella stessa acqua del fiume, non possiamo replicare fedelmente una scena già vissuta della nostra commedia.
Dopo ogni incontro, nel bene e nel male, non siamo più gli stessi. Il contesto evolve e si modifica sensibilmente nell’alveo degli eventi politici, amministrativi, umani (4). La congruenza toglie spazio alla timidezza. L’esperienza svela rivalità e amicizia, stipula alleanze, predispone strategie. L’ingenuità cede il passo alla lungimiranza.
È tempo di intrecciare la tela per confezionare il vessillo della pace. Ognuno è, di volta in volta, trama e ordito. Stoffa resistente esce dal telaio della tenerezza, della trasparenza, della tolleranza nella tessitura dell’ascolto e del reciproco riconoscimento.
(1) Dizionario Italiano Ragionato-G. D’Anna-Sintesi-Scotoma. Difetto del campo visivo, causato da lesioni, per il quale una macchia scura si sovrappone alle immagini.
(2) A. Miller-La persecuzione del bambino-le radici della violenza.-Bollati Boringhieri. Pedagogia nera: insieme delle tecniche del condizionamento precoce a non accorgersi di quanto ci stia realmente capitando.
(3) Gherardo Colombo – SULLE REGOLE – Serie Bianca Feltrinelli marzo 2008, cap.29 pag.136 “Fuga dalla Responsabilità”.
(4) Elezioni amministrative, pensionamenti, decessi in breve tempo modificano il quadro di riferimento.