L’handicap non concede ferie
La sindrome della puerpera
Nella nostra cultura, i giorni che seguono una nascita sono considerati momenti di gioia, di felicità intensa, in cui familiari e amici partecipano al “lieto evento” augurando alla madre e al neonato il migliore futuro possibile. La puerpera viene spesso pensata come una giovane donna che emana gioia. Le donne, e alcuni uomini, sanno che nella realtà spesso non è cosi. A volte generare una creatura può essere fonte di preoccupazioni, paure e ansia.
Dopo un parto, in una elevata percentuale di madri si riscontrano esiti che possono preludere a relazioni problematiche con il figlio e con il padre e determinare inevitabilmente processi di emarginazione sociale. Si nasce, si cresce, si genera e si muore. A fronte dell’incertezza dell’esistere, io ho la certezza di non potermi mai emancipare dall’eterno infante che ho generato.
Mi scopro bloccato nel ruolo della puerpera che nel tempo diviene innaturale condizione esistenziale.
In questo spazio virtuale propongo una selezione di pensieri, riflessioni, analisi, esperienze che ho registrato nelle ore vuote di vigilanza di mio figlio.

Ho scritto nell’intento di comprendere che cosa mi sta accadendo. Le parole segnano il sentiero sul quale mi trovo a procedere per ridare senso a ciò che improvvisamente è parso non averne più. Non ho ancora compreso del tutto. Tuttavia, a ogni parola che il mio corpo imprime sul foglio vedo delinearsi un orizzonte meno depressivo di quello che temo. Le affermazioni offerte al lettore hanno valore assolutamente personale. Sono la testimonianza di come io vivo la mia speciale condizione di padre. Sebbene negli anni abbia verificato spesso l’affinità dell’altrui esperienza con la mia, non vogliono rappresentare i sentimenti di chi legge. Qualcuno le può trovare ostiche.
Confido nell’indole del lettore a confrontare ciò che le parole esprimono col suo sentire. Spero che questo incontro ci aiuti a dare significato alla comune fatica a essere nel mondo.